(Cass. pen., Sez. Unite, Sent., (data ud. 14/12/2023) 11/07/2024, n. 27727- presidente: Cassano Margherita)
In tema di unicità del titolo di reato nel concorso eventuale di persone sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione enunciando il seguente principio di diritto: “In tema di concorso di persone nel reato di cessione di sostanze stupefacenti il medesimo fatto storico può configurare, in presenza dei diversi presupposti, nei confronti di un concorrente, il reato di cui all’art. 73, comma 1 ovvero comma 4, del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 e nei confronti di altro concorrente il reato di cui all’art. 73, comma 5, del medesimo D.P.R.”.
La sentenza in parte sorprende perché l’informazione provvisoria resa in precedenza sembrava propendere per l’ammissione del concorso eventuale con titoli di reato differenziati, superando il principio di unicità del reato fino ad allora vigente, invece, le Sezioni Unite con la pronuncia in commento hanno accolto una concezione monistica del concorso di persone: il reato contestato in concorso dev’essere il medesimo, come si desume dagli artt. 110, 116, 117 e dalla Relazione al Codice Rocco.
Nel caso sottoposto all’attenzione delle Sezioni Unite, prendendo in esame l’applicabilità dell’art. 73 commi 1, 4 e 5 D.P.R. 309/1990 nei confronti di una serie di imputati, organizzatori e spacciatori, in una piazza di spaccio sussumono le condotte dei concorrenti (organizzatori) nei commi 1 e 4 dell’art. 73 e per gli altri concorrenti (spacciatori) nel comma 5, affermando l’inapplicabilità della norma di cui all’art. 110 c.p. posto che le condotte sono già tipiche in base alle rispettive fattispecie monosoggettive.
Ciò che si afferma in sostanza è che per gli spacciatori deve ritenersi integrata la condotta di cui al comma 5, mentre per coloro che fanno parte degli organizzatori deve ritenersi integrata la condotta di detenzione di sostanze stupefacenti di cui al comma 1, senza che trovi applicazione il concorso di persone che, in base all’orientamento espresso con la recente sentenza, postula il medesimo titolo di reato per tutti i concorrenti.
La tesi espressa dalle Sezioni Unite deve ritenersi condivisibile per due ordini di ragione:
- L’art. 110 c.p. crea una fattispecie plurisoggettiva eventuale diversa dalla fattispecie di parte speciale, una fattispecie a forma libera causalmente orientata d’evento (dove per evento si intende il reato in cui si concorre). La nuova fattispecie è volta a punire chiunque dia un contributo materiale o morale al reato che altrimenti non si perfezionerebbe.
Una parte della dottrina (A. Pagliaro), evocata dalle Sezioni Unite, aveva ipotizzato una fattispecie plurisoggettiva eventuale non unitaria, ma differenziata, come se dall’art. 110 c.p. nascessero tante fattispecie quanti sono i concorrenti, ammettendo, con ciò, il concorso con titoli di reato differenziati.
Le Sezioni Unite evocano la suddetta tesi definendola “teoria della fattispecie plurisoggettiva eventuale o differenziata” (l’uso della congiunzione “o” solleva delle ambiguità, poiché contrappone la fattispecie differenziata a quella eventuale, mentre la dottrina tradizionalmente prevede due tesi: fattispecie plurisoggettiva eventuale unica e fattispecie plurisoggettiva eventuale differenziata. La Cassazione parla di “eventuale o differenziata” come se fossero sinonimi quando, invece, attengono a due tesi diverse. La Cassazione, invero, ripudia la fattispecie eventuale differenziata, ma, a ben vedere, la teoria monistica non si contrappone alla teoria della fattispecie plurisoggettiva eventuale, perchè la teoria monistica ne è una species).
Le Sezioni Unite, invece, accolgono la teoria monistica, l’art. 110 c.p. non farebbe nascere una pluralità di fattispecie, ma una fattispecie unitaria.
A parere della Suprema Corte, dunque, il 110 ha la funzione di ampliare la tipicità della fattispecie rispetto a quella monosoggettiva in quanto punisce ogni condotta causale rispetto al reato consentendo di includere nell’area di tipicità anche condotte che da sole considerate non integrerebbero il reato, con ciò, attribuendogli una funzione estensiva della punibilità in malam partem.
Nel caso dell’art. 73 DPR 309/1990, dunque, non c’è bisogno del 110 c.p. perché, nella fattispecie non serve estendere la rilevanza penale a condotte che, se autonomamente considerate, non integrerebbero reato; infatti, nel caso degli spacciatori, ciascuno realizza una condotta recante una precisa rilevanza penale. - L’art. 111 c.p. estende l’applicabilità dell’istituto sul concorso di persone anche al concorrente non imputabile o non punibile per qualsiasi ragione (anche laddove privo dell’elemento soggettivo del reato) in quanto proprio l’espressione “determina” utilizzata dall’art. 111 c.p. sottolinea che siamo di fronte a un concorso di persone nel reato, in quanto lascia alla persona non imputabile o non punibile un certo, anche se limitato, potere di scelta degli obiettivi e delle modalità di esecuzione e sembrerebbe ammettere la configurabilità del concorso di persone anche nel caso della non punibilità relativa e di una punibilità per un titolo diverso di reato che, unendosi a quello degli altri concorrenti, contribuisca alla produzione della medesima offesa tipica.
Le Sezioni Unite aprirebbero, quindi, la strada a delle fattispecie plurisoggettive eventuali in rapporto di concorso apparente tra loro in luogo di un’unica fattispecie con due titoli di reato diversi.
In altre parole, si possono ipotizzare tante fattispecie plurisoggettive eventuali quanti sono i reati realizzati e chiedersi se tali fattispecie possano concorrere tra loro o meno.
Le Sezioni Unite, dunque, accolgono la tesi monistica in quanto l’art. 110 c.p. parla di concorso nel medesimo reato.
In quest’ottica, anche l’art. 117 c.p. sembra sostenere la tesi monistica quando afferma che il correo risponde del diverso reato proprio realizzato dall’intraneus (in forza della qualifica propria di quest’ultimo), quindi, entrambi risponderebbero dello stesso reato proprio.
Prima della sentenza che si commenta, l’art. 117 c.p. veniva, invece, valorizzato per sostenere il concorso con titoli di reato differenziati valorizzando il principio di colpevolezza: se il concorrente non avesse avuto conoscenza della qualifica dell’altro si sarebbe avuto un possibile concorso con titoli di reato differenziato (comune e proprio).
Ci si chiede, quindi, il 117 c.p. è a sostegno di quale tesi?
Le Sezioni Unite lo menzionano a favore della tesi che afferma l’unicità dei titoli di reato.
Anche l’art. 116 c.p. viene interpretato come espressivo del dogma dell’unitarietà del reato nel concorso eventuale.
Anche qui, come per il 117 c.p., si richiede il correttivo della colpevolezza, ossia, la prevedibilità del diverso reato dal concorrente.
Tornando al 117 c.p., alcuni affermano come questo sia necessariamente espressione del concorso eventuale con titoli di reato differenziati, come nel caso di peculato e appropriazione indebita laddove l’extraneus non possa conoscere la qualifica del pubblico ufficiale.
In realtà, in questo caso la condotta del pubblico ufficiale integra astrattamente sia la condotta di peculato che di appropriazione indebita, che si differenziano solo per la sua qualifica.
Se ne può, quindi, affermare il rapporto di specialità.
Con riferimento alla summenzionata ipotesi, dunque, nel caso si realizzi una fattispecie plurisoggettiva,
- se l’extraneus conosceva la qualifica soggettiva del pubblico ufficiale, si applicherà il principio di specialità, di talché risponderanno entrambi di peculato;
- se l’extraneus non poteva conoscere la qualifica soggettiva del pubblico ufficiale non gli si potrà applicare il peculato per difetto di dolo, ma ciò non esclude che ci sarà una fattispecie plurisoggettiva di peculato, integrata dal p.u. anche qualora il concorrente non sia punibile per difetto di dolo (difetto di conoscenza della qualifica soggettiva).
All’extraneus si applicherà la fattispecie plurisoggettiva eventuale di appropriazione indebita che ha commesso con il pubblico ufficiale, a cui chiaramente non sarà applicabile in forza del principio di specialità
Vi saranno, quindi, due fattispecie plurisoggettive:
– 110, 314 c.p.;
– 110, 646 c.p.
Non vi sarà mai concorso con titoli di reato differenziati, vi saranno due fattispecie plurisoggettive eventuali che non potranno concorrere (in un caso per il principio di specialità si applica il peculato, nell’altro per difetto di elemento soggettivo si applica l’appropriazione indebita).
Un ragionamento analogo viene fatto dalle Sezioni Unite per l’art. 73: l’organizzatore della piazza di spaccio realizza una detenzione monosoggettiva di stupefacenti (condotta non di lieve entità), poi consegna lo stupefacente allo spacciatore che realizza lo spaccio: l’organizzatore integrerà monosoggettivamente una detenzione di non lieve entità in concorso formale con il reato di spaccio di lieve entità dello spacciatore.
Si noti come tutte le condotte descritte nell’art. 73 sono alternative in quanto si tratta di una norma a più fattispecie: se il soggetto realizza più condotte nello stesso contesto spazio-temporale commette un reato unico e la condotta più grave assorbe le altre:
- per l’organizzatore dello spaccio, c’è concorso apparente tra la detenzione monosoggettiva e il concorso in spaccio di lieve entità, queste sono commesse nello stesso contesto spazio-temporale, di talché la condotta più grave di detenzione di grave entità è assorbente rispetto al concorso in spaccio di lieve entità.
Egli non concorrerà nello spaccio di lieve entità perché è assorbita dalla condotta più grave; - lo spacciatore al dettaglio commette solamente lo spaccio di lieve entità, in quanto la necessaria breve detenzione prodromica allo spaccio è assorbita in quest’ultimo;
C’è, dunque, un concorso apparente di norme.
Una fattispecie problematica per questa nuova tesi unitaria delineata dalle Sezioni Unite e presa appositamente in esame è data dal rapporto tra riciclaggio e autoriciclaggio.
La giurisprudenza afferma come nella fattispecie in cui due soggetti (ladro e venditore della cosa di provenienza illecita) vendano una cosa di cui siano venuti illecitamente in possesso, si debbano ritenere integrati sia il reato di riciclaggio sia quello di autoriciclaggio.
Non si tratterebbe di una condotta principale e una condotta di aiuto, ma della stessa condotta posta in essere da soggetti diversi: il riciclaggio chiaramente lo può commettere solo chi non è anche l’autore del reato presupposto, mentre l’autoriciclaggio lo commette necessariamente l’autore del reato presupposto.
In base alla nuova tesi si deve ritenere come la condotta del terzo extraneus rispetto al reato di autoriciclaggio ricada sotto due norme incriminatrici, integrando plurisoggettivamente il reato di autoriciclaggio e monosoggettivamente quello di riciclaggio; sarà però solo quest’ultima norma a prevalere, in applicazione del principio di sussidiarietà dell’art. 648 bis c.p..
L’autore del reato presupposto resterà, invece, punibile per il solo reato di autoriciclaggio, non essendo la sua condotta rilevante ai sensi dell’art. 648 bis c.p..
Da ultimo, merita di essere osservato come la tesi fatta propria dalle Sezioni Unite circa l’unitarietà del titolo di reato nel concorso eventuale di persone inevitabilmente volga in bonam partem nei confronti del reo in quanto limita alle ipotesi di unicità di titolo di reato l’operatività dell’art. 110 c.p. che, come noto, avrebbe altrimenti una funzione di estensione della tipicità delle fattispecie penali a fatti che altrimenti ne sarebbero sprovvisti.
Avv. Nicola De Stefani